Monte Urano

Il nome deriva dall’antico toponimo Monteriano, attestato nei documenti farfensi dell’XI secolo ed in quelli del vescovo di Fermo del XII secolo: il territorio è indicato infatti fra le proprietà perdute dall’Abbazia imperiale di Farfa e passate al vescovo fermano che le assegnò al Monastero di San Savino sul Colle Vìssiano. Il feudo dell’Abbazia di Farfa (VII-XIII secolo) era costituito da proprietà e privilegi ottenuti dai duchi, imperatori e papi in varie regioni dell’Italia Centrale: nelle Marche la loro sede era a Santa Vittoria in Matenano.

Pianta del vecchio castello di Monte Urano

“Nel loro territorio si evidenziano chiese e monasteri, curtes e fondi di proprietà dell’Abbazia che avviano la rinascita economica e demografica”. “L’occupazione del territorio persegue due indirizzi: da una parte le grandi proprietà suddivise vengono date con contratti enfiteutici ad meliorandun ai piccoli signori che ne fanno richiesta precaria; dall’altra la messa a coltura delle terre avviene mediante contratti livellari, stipulati direttamente dall’Abbazia con i lavoratori che si impegnano a dissodare ed a mettere a produzione il terreno senza l’obbligo della consegna di porzioni elevate di raccolto. Dal X-XII secolo la presenza far-fense ricompone il tessuto connettivo dell’economia picena con controllo parallelo dei centri urbani sottoposti e delle aree rurali ad esso afferenfi, e con una cura particolare nel ricucire i rapporti fra il rurale e l’urbano.
La storia di Monte Urano corre successivamente parallela a quella del centro maggiore da cui dipendeva, con alterne vicende. Nel XII secolo assieme ad altri castelli si schierò contro Fermo con Marcovaldo di Annwiler, creato nel 1195 marchese della Marca di Ancona, che tentava di sottomettere la città e l’episcopio fermano. Nel 1202 il castello di Monte Urano compare invece assieme ai comuni schieratisi con Fermo che muove guerra ad Ancona ed a quanti si sono affiancati a quest’ultima, come Sant’Elpidio che, dopo la sconfitta subita e l’accordo di pace firmato a Polverigi, dovrà riedificare parte delle mura del Castello di Monte Urano che aveva distrutte.

Vista del paesaggio di Monte Urano nei primi anni del 1900

Le mura della città risalivano infatti alla metà del XII secolo ed in seguito, durante il periodo del dominio di Federico di Svevia, per ordine di Onorio III tutte le località marchigiane iniziarono a fabbricarne. Il termine Castello indica un insediamento fortificato attorno al quale si stabilisce e va a risiedere, incastellandosi per necessità difensive, una popolazione di coloni e piccoli proprietari terrieri. A quest’epoca risale il nucleo compatto e densamente edificato sulla parte più alta del colle, dove sono ancora visibili resti delle antiche mura ed il torrione esagonale (XIII-XIV secolo) inglobato in una chiesa. Al castello si accedeva attraverso la Porta da Sole, unico accesso, aperto a sud. Nel 1252 sti-pulando patti con il podestà di Fermo Raniero Zeno, doge di Venezia successivamente, Monte Urano si sottopone alla sua legislazione, conservando i propri diritti e statuti. Infatti Raniero Zeno “ampliò il predominio di Fermo sul territorio circostante favorendo l’inurbamento delle famiglie feudali dei castelli con un’abile manovra politica che mirava ad assicurare, con la sottomissione del contado, il rifornimento del grano e di olio necessario a Venezia”. Fermo infine acquisterà in enfiteusi Monte Urano, assieme ad altri castelli, dal capitolo metropolitano. Con l’intervento del Cardinale Egidio Albornoz teso a riportare sotto il con-trollo della Santa Sede il suo territorio, riorganizzando lo Stato della Chiesa, anche Monte Urano, assieme ai castelli dipendenti da Fermo, fu convocato a prestare giuramento di fedeltà. –

“Il cardinale ridefinì tutta la legislazione del rapporto tra città e territorio circostante e rafforzò i legami dei centri minori con le città, riconoscendo tutti i patti di sottomissione dei castra ai centri più importanti come Fermo”. I Castelli indicati dall’Albornoz si mantennero, tranne pochi cambiamenti con le stesse caratteristiche per alcuni secoli sino all’avvio della legislazione napoleonica quando, nell’ambito dell’organizzazione in dipartimenti, furono indicati come Comuni. Negli statuti di Fermo i vari castelli furono divisi, secondo le capacità contributive, in Maiores, Mediocres, Minores: tra quest’ultimi era annoverato anche Monte Urano.
Nei secoli successivi l’antico abitato si è esteso con l’ampliamento dei borghi connessi alle tre chiese esterne al perimetro della cinta muraria e uniti all’originario nucleo del castello nel secolo scorso: essendo ormai dimensionalmente insufficiente l’antica chiesa parrocchiale, si decise la riedificazione della chiesa di San Michele Arcangelo, elaborata su disegno dell’architetto Giovan Battista Carducci e modificata dal celebre architetto Giuseppe Sacconi, al quale fu affidato il proseguimento dei lavori. La nuova chiesa e la piazza antistante, attuale centro della città, determinarono il raccordo con il vecchio nucleo castellano al quale è possibile accedere, su questo lato, dalla Porta Nova (XVIII secolo).
A partire dal Cinquecento dai centri urbani, castelli o liberi comuni si avviò il processo di appoderamento nel territorio ponendo le basi dell’attività agricola mezzadrile, che si è mantenuta come principale risorsa sino a parte dell’attuale secolo. Sin dal Settecento, oltre l’agricoltura, si imposero a Monte Urano come attività principali la raccolta delle fecce di vino, associata alla nascita di una fabbrica di cremor tartaro, e la raccolta degli stracci, che venivano venduti dai grossisti alle principali cartiere marchigiane o dell’Italia Settentrionale, nonché ai maceri di Prato. Dalla cittadina toscana si rifornivano anche di materie prime da utilizzare nell’attività calzaturiera, il cui sviluppo ha reso Monte Urano uno dei maggiori centri produttori dell’intero Piceno.